Una recente review pubblicata su Life analizza le principali implicazioni delle condizioni di microgravità sulla salute degli astronauti e indaga il possibile ruolo dei probiotici.
Sin dall’antichità, l’esplorazione dello spazio ha destato grande fascino e interesse per l’essere umano.
L’anno che diede il via alle missioni dell’uomo nello spazio fu il 1961 quando, grazie ai progressi scientifici e tecnologici, il cosmonauta Yuri Gagarin effettuò il primo giro ellittico intorno alla Terra. Era il 12 aprile, giorno in cui, ancora oggi, si celebra la “giornata internazionale del volo dell’uomo nello spazio”.
Da allora, centinaia di astronauti hanno partecipato a missioni spaziali, che hanno consentito di raccogliere molteplici dati relativi agli effetti della microgravità sulla fisiologia dell’organismo umano, evidenziandone principalmente le conseguenze sulla perdita di massa muscolare e sulla riduzione della densità ossea.
Ma tali dati presentano un limite intrinseco: si riferiscono a missioni di “breve” durata, ovvero di un periodo massimo di sei mesi.
Tra il 2020 e il 2030, tuttavia, si assisterà ad una crescita esponenziale di missioni esplorative a lunghissimo raggio: basti pensare che lo “Human Research Program” della NASA contempla la realizzazione di viaggi, sulla Luna e su Marte, con una durata di ben tre anni.
A questo punto la domanda sorge spontanea.
A quali cambiamenti sarà sottoposto l’organismo umano durante simili viaggi e in ambienti così radicalmente diversi, rispetto a quello in cui si è adattato e abituato a vivere per milioni di anni?
Una parziale risposta deriva da alcuni studi preliminari; i primi risultati mostrano che durante i voli spaziali, di qualsiasi durata, gli astronauti sono sottoposti a condizioni sfidanti come ipergravità nelle fasi di lancio e atterraggio, microgravità per tutto il resto del viaggio, alte dosi di radiazioni e un continuo stress psicologico. Questi fattori determinano problematiche di salute come: condizioni di disbiosi intestinale, infezioni del tratto genitourinario, rash e ipersensibilità cutanea, eventi cardiovascolari, alterazioni nella risposta immunitaria.
A risentirne particolarmente è il microbiota intestinale, nasale e cutaneo. In particolare, si è osservata una riduzione dei batteri tipicamente benefici appartenenti ai generi Lattobacillus e Bifidobacterium, a vantaggio degli opportunisti come Escherichia coli, Clostridium sp., Staphylococcus aureus, Fusobacterium nucleatum e Pseudomonas aeruginosa.
Esiste quindi una prospettiva per i probiotici?
La ricerca in quest’ambito rappresenta davvero una nuova frontiera e ha ancora ampi margini di crescita.
Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la collaborazione tra Yakult e l’Agenzia Spaziale Giapponese (JAXA), in essere dal 2014, con l’obiettivo di studiare l’effetto dei probiotici sul sistema immunitario umano e sul microbiota intestinale, nelle condizioni di microgravità della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
Una vera e propria sfida, che nel 2018 ha visto un importante traguardo: l’esclusivo probiotico L. paracasei Shirota (LcS) è volato nello spazio, in una forma liofilizzata (Probiotics Package), e ne è stata studiata la stabilità per un mese di conservazione sulla ISS.
Che cosa è successo? Lo studio, pubblicato su Scientific Reports, rivista affiliata a Nature, ha accertato che LcS mantiene le sue caratteristiche e proprietà probiotiche: il profilo genetico, la capacità di fermentazione dei carboidrati, la reattività all’anticorpo specifico per LcS e la capacità di induzione delle citochine nel campione di volo non differivano dai controlli rimasti a terra.
“Questo studio – scrivono gli autori – apre la prima porta per l’utilizzo nello spazio di microrganismi vivi come componenti di alimenti funzionali con proprietà benefiche.”
La ricerca continua; dopo questi risultati promettenti, JAXA sta approfondendo gli effetti dei probiotici nello spazio, con uno studio attualmente in corso sull’assunzione di LcS, per indagarne gli effetti sul microbiota intestinale e sulla funzione immunitaria negli astronauti.
Le conoscenze acquisite, grazie a questo progetto innovativo, potranno avere delle ricadute positive anche sull’avanzamento della medicina e della scienza della nutrizione per il mantenimento della salute nella popolazione generale.
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Bibliografia
- Akima et al. (2000). Effect of short-duration spaceflight on thigh and leg muscle volume. Med. Sci. Sports Exerc. 32, 1743-1747
- Smith et al. (2012). Benefits for bone from resistance exercise and nutrition in long-duration spaceflight: Evidence from biochemistry and densitometry. Bone Miner. Res. 27, 1896-1906
- Sakai et al. (2018). Probiotics into outer space: feasibility assessments of encapsulated freeze-dried probiotics during 1 month’s storage on the International Space Station. Nature Scientific Reports 2018; 8 – 10687
- Akiyama et al. (2020). How does spaceflight affect the acquired immune system? Microgravity 6: 14 (2020)
- Bharindwal et al. (2023). Prospective Use of Probiotics to Maintain Astronaut Health during Spaceflight. Life. 13(3), 727