MMG E METODO B.A.T.H.E. – UTILIZZO CON PAZIENTI AD ELEVATA FREQUENZA DI ACCESSO IN AMBULATORIO

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Nello scorso articolo [ Approfondire meglio e in meno tempo. L’esempio del metodo B.A.T.H.E.] abbiamo visto, attraverso il metodo B.A.T.H.E., come una sequenza strutturata di domande aperte possa rispondere al duplice scopo di maggior approfondimento e minor impiego di tempo nella pratica clinica.

Ora vediamo come tale tecnica è stata applicata in ambulatori territoriali di Medicina Generale, nel caso specifico di pazienti con un elevato tasso di ricorso all’ambulatorio medesimo e con lo scopo quindi, tra gli altri, di permettere a tali pazienti una gestione più autonoma della propria condizione.

L’ispirazione risale a uno studio del 2017 su pazienti diabetici, di cui si è andati a misurare il punteggio di auto-efficacia – ovvero della capacità di gestione attiva del percorso di cura – prima e dopo un totale di 3 visite condotte

  • con il metodo in questione per il gruppo di studio
  • con modalità classiche per il gruppo di controllo

La differenza del punteggio DES (Diabetes Empowerment Scale) è risultata significativa a fine studio, a favore del gruppo che aveva partecipato al metodo B.A.T.H.E.

Nel 2019, un gruppo di lavoro della Scuola di Medicina dell’Università di Bristol, nel Regno Unito, ha pensato quindi di applicare il metodo alla medicina territoriale, coinvolgendo alcuni Medici di Medicina Generale locali e loro pazienti scelti tra coloro che si erano presentati in ambulatorio con maggior frequenza in assoluto nei 12 mesi precedenti.

Prima dell’inizio dell’indagine, i medici hanno ricevuto un training specifico su come attuare la metodica, che per essere efficace nel duplice scopo di approfondire maggiormente e, contemporaneamente, risparmiare tempo necessita che chi la attua sia pronto a:

  • riprendere le redini del discorso se il paziente comincia a tornare in maniera ridondante su aspetti già visti o a divagare su dettagli non funzionali

ad esempio: prendendo la parola, dando un veloce riassunto di quanto esposto di funzionale, e passando alla domanda successiva

  • resistere alla tendenza a darsi interpretazioni personali della risposta del paziente, stando invece a quel che è stato esplicitamente esposto
  • resistere alla tentazione di dare consigli sui singoli punti che il paziente esprime nelle varie fasi del colloquio
  • non dare per scontato che non ci siano aspetti che preoccupano il paziente, se questo esprime sentimenti positivi o ha in generale un atteggiamento positivo durante la visita

Dopo il periodo di intervento, alcuni dei medici e pazienti partecipanti sono stati sottoposti a interviste di profondità, che, combinate con osservazioni durante lo svolgimento delle visite, hanno fornito un ampio quadro del funzionamento di questa tecnica nel contesto indicato.

I principali vantaggi sono risultati essere:

  • la possibilità di effettuare visite realmente incentrate sulla persona, ma al tempo stesso contenute in termini di tempo
  • la scoperta di elementi che hanno permesso di rivedere le ipotesi, date per consolidate, su cui si era incentrato l’iter di cura
  • la scoperta delle vere priorità dei pazienti, non sempre o non solo di carattere clinico
  • un chiaro supporto a una maggiore auto-gestione, consapevole, da parte del paziente

È un ottimo strumento – dichiara un intervistato – per procedere con i pazienti quando vi ritrovate a pensare: «Come mai è tornata questa persona? L’ho vista solo due settimane fa»

“È efficace – aggiunge un altro medico – per capire cosa davvero conta per il paziente. Che non necessariamente è qualcosa di medico, ma può avere un impatto anche sui sintomi”

“Sentivo di avere la situazione più sotto controllo”, conclude un terzo. “Le domande sono poste in modo aperto ma specifico, e questo incoraggia il paziente a rispondere ai vari aspetti ma in maniera compatta”

Le difficoltà registrate sono state invece di carattere soprattutto organizzativo, in termini ad esempio di introduzione del metodo nel consueto iter di visita.
Praticare con continuità la tecnica può senz’altro aiutare a trovare la modalità più opportuna in questo senso.

Ricordiamo, infine, che questa tecnica non è raccomandata in caso di pazienti in condizioni di grave rischio, in pazienti con psicosi, o che manifestino evidente resistenza verso questa modalità.

In pillole:

  • Il metodo B.A.T.H.E. è un efficace supporto per una maggiore auto-gestione – consapevole – da parte del paziente, elemento di grande rilevanza in termini di successo clinico e gestione del tempo ambulatoriale.
  • La medesima tecnica agevola l’individuazione dell’iter di cura a maggior potenziale per quel determinato paziente
  • L’inclusione della metodica nella routine ambulatoriale è agevolata da un suo utilizzo su base continuativa
  • Il metodo non è raccomandato in caso di psicosi, evidente avversione al percorso, o condizione di grave rischio del paziente

 


Per approfondire:

Akturan S, Kaya ÇA, Ünalan PC, et al. The effect of the BATHE interview technique on the empowerment of diabetic patients in primary care: a cluster randomised controlled study. Prim Care Diabetes. 2017;11:154–61

Chichirez CM, Pulcărea VL. Interpersonal communication in healthcare. J Med Life. 2018;11:119-122

Lieberman, Stuart MR. The BATHE Method: Incorporating Counseling and Psychotherapy Into the Everyday Management of Patients. Prim Care Companion J Clin Psychiatry. 1999 Apr;1(2):35-38

Thomas, C., Cramer, H., Jackson, S. et al. Acceptability of the BATHE technique amongst GPs and frequently attending patients in primary care: a nested qualitative study. BMC Fam Pract 20, 121 (2019)

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